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Quando mi punge vaghezza
Pensieri e ritratti mentali, messaggi e presagi esoterici.
di Mirella M. Pinketts

Se l’autobiografia è legata alla verità, il Memoir lo è all’autenticità, svelando fra le righe e in una ricca appendice, l’attitudine esoterica e medianica dell’autrice.

Un abito congeniale alle emozioni vissute in novant’anni di vita e dunque ciò che conta è la verità emotiva, non la verità fattuale.

Così, quando le punge vaghezza, la protagonista spazia nel tempo e sorride al vecchio baule in soffitta, risuscitando ricordi, incontri, attimi che trasmutano in un memoir di ritratti mentali che omaggiano persone e personaggi, vissuti, letti, amati.
Mirella M. Pinketts è una donna senza tempo e madre dello scrittore Andrea G. Pinketts, ne parla al presente: andare via non significa non esserci. È una sensitiva, ha certezze esoteriche che le hanno fatto accettare il distacco terreno del figlio con dignità e consapevolezza che l’esistenza terrena è solo una parte del disegno universale. È una nottambula, legge da sempre fino alle due del mattino. Ama la solitudine, la pioggia, il lago, l’autunno. La luna, il suo pianeta, è sua compagna di vita. Adora gli animali, i cani in particolare, ha con la sua Ardita un rapporto simbiotico. Detesta viaggiare, afferma di essere una viaggiatrice mentale. Di lei, Andrea afferma: “Mia madre è tosta”, però, se permetti Andrea: “Tua madre è anche carismatica”. È presidente dell’associazione culturale che porta il nome del figlio e che ha l’obiettivo di custodire e perpetrare nel tempo la genialità dello scrittore.

Intervista a Mirella M. Pinketts

Un libro ricco, funambolo, eclettico, un autentico memoir. Dalla medianità alla spiritualità, passando per l’attualità. Come nasce l’idea di realizzarlo? Galeotto fu un baule in soffitta?

Il mio libro è nato dalla necessità di non lacerarmi il cuore, di concedere un respiro a un'anima gravida di solitudine e di silenzio, un urlo liberatorio.

Io penso, ma forse m'illudo, che in ogni casa ci debba essere un vecchio baule intarsiato e consumato dai tarli. Se lo apri ti avvolge un olezzo di muffa, di qualcosa che magari ti dà noia ma anche quello è il suo fascino. Vecchi nastri, vecchi pizzi, ombrellini, tutte cose che fanno parte di un passato che abbiamo amato, che amiamo. Spero, auguro a chi mi legge di possedere questo baule anche se solo sognato.

 

Niente romanzi né autobiografie, malgrado sia la madre del grande scrittore Pinketts. Che ne penserà Andrea?

Non avrei potuto, ne voluto scrivere un romanzo, c'è già troppa gente che scrive, più o meno a ragion veduta. I libri di Andrea, penso, che non avrebbero gradito i miei tentativi di autobiografia. Ricordare il passato, rinnova la gioia, l'ansia, le paure che vivere con un figlio genio, provoca. Non un romanzo o un'autobiografia ma la conoscenza di un mondo nel quale le stelle brillano, i fiori sono profumati e tutto è fantasia, irreale, sognato. Ne sono rimasta affascinata. Lo scrivere un libro non era nei miei programmi, ne sono stata attratta con dei fili conduttori. Anche Andrea, come me, scriveva così, di getto. Perciò di questa mia creatura sono sicura che Andrea sorriderebbe e mi chiederebbe di scrivere un ritratto mentale che lo raffigurasse, naturalmente con la penna rigorosamente Mont Blanc, io mi accontento di una bic.

 

Anche lei, come Andrea, scrive rigorosamente a mano. Ogni libro fin dall’inizio è un’avventura e spesso si sottovaluta la fatica per realizzarlo, anche per lei è stato così?

Veramente, mi si alleggerisce il cuore, è durata un anno, persiste ancora, quando rivedo le pagine che mi hanno portato via il mio bene, il mio bene Andrea ma Andrea ha guidato la mia mano, ha dato voce alla mia mente, respiro alla fantasia. Ma la consapevolezza della solitudine e del silenzio m'impone di usare e togliere le parole come un salvavita.

 

Come si è lasciata ispirare dalla sua musa: la vaghezza?

Aperta la porta della fantasia, è illusione e sogno. Andrea ha guidato la mia mano per proteggermi e suggerirmi il nome 'vaghezza'.

 

Come definirebbe un ritratto mentale? Quale l’ha appassionata più di altri?

Il ritratto mentale è come la visione di un personaggio che non è come nella realtà ma come vuole apparire. Ma da fuori, visto che è analizzato dall'esterno, magari può far apparire qualche difetto o concedere qualche chance in più. Il tutto, con discrezione, con un po' di tenerezza, mai invadendo la privacy intima del ritratto, anzi attenuandone le ombre per esaltarne le luci. Quale mi ha appassionata di più? Ho amato disegnare il ritratto mentale di Vittorio Feltri, del quale ammiro la forza della sua prosa, del suo pensiero e la sua verità, talvolta scomoda.

 

Fra i suoi ritratti mentali, artisti, giornalisti, attori, poeti, scrittori, scienziati e musicisti. Fra quest’ultimi, Morgan, ha qualche aneddoto a riguardo?

Ho accompagnato Andrea e Morgan, madre e anima invisibile, nei vagabondaggi notturni lungo i Navigli, unendomi sommessa e sottovoce ai loro canti.

 

Un corposo appendice dedicato alla chiromanzia, allo zodiaco, alla cartomanzia, il ritratto del sensitivo italiano Gustavo Roll. Dal racconto si evince che eravate in contatto. Vuole parlarcene?Fra i sensitivi ci sono parole non dette. Sussurri inespressi, ognuno dei quali rivela i nostri segreti.

 

Arrivando alla scienza, quale ricordo le ha lasciato l’incontro con Margherita Hack?

Di Margarita Hack ho ammirato la grandezza della scienza, l'umiltà, la schiettezza, la risata fanciullesca e l'abbraccio materno di cui mi gratificava.

 

E quelle telefonate con Roberto Gervaso?

Gervaso telefonava spesso a mio figlio per lavoro. Si piacevano. Capitava che al telefono rispondessi io. 'Piove sulle tue ciglia nere/ sì che par tu pianga/ma di piacere;' è la ricchezza dei versi del vate di cui eravamo entrambi complici un pochino con un velo di erotismo.

 

Rispolverare autori discussi più per la condotta politica che per la voce narrativa, come Montanelli, Malaparte, è una scelta di coraggio?

Ho amato tutte le persone dei ritratti, ne sono attratta nel cervello e nel cuore. Ma per Curzio Malaparte ho sentito una particolare malinconia. L'ho scritto come lo vedo io, malinconico e dimenticato. Ne ho scritto ammirandone la grandezza e la purezza di un linguaggio, sempre indipendente dalla cattiveria che gli era attribuita. Ho scritto di Montanelli ammirando la sua penna con un linguaggio comprensibile a chiunque e indignandomi della cattiveria e degli attributi che gli sono stati affibbiati. Erano spiriti liberi. Ho ancora nel cuore Oriana Fallaci e il suo coraggio. Vorrei donarle, umilmente, dove riposa, ancora un fiore, ovvero un ultimo fiore.

 

So che scriveva già in passato, nel libro riporta la rubrica del cuore da lei curata. A leggerla sembra che i problemi di cuore siano sempre gli stessi, come se il tempo non li facesse invecchiare. Che ne pensa?

Ho molto amato la corrispondenza con le lettrici. Il mio sipario era sempre aperto. Affidavano a me, alle mie domande, i loro pensieri più segreti, le loro speranze, le loro delusioni, le loro angosce, le loro sofferenze, raramente pensieri felici. E' l'eco di amori perduti. La loro speranza che a me piaceva infondere nel futuro, dava loro e anche a me stessa, fiducia, un futuro, un'illusione, una certezza d'amore.

 

E’ giusto definire il suo stile narrativo, aulico?

Io ho sempre scritto, soprattutto per me, per appagare la mia sete di dire, di comunicare, consolare e rassicurare. Il mio stile narrativo aulico è fuori tempo, lo so, fantasioso, librato sulle nuvole, avvolto da profumi metapsichici. Non sarà mai che io possa o sappia scrivere una lettera commerciale il cui finale è, cordiali saluti. Non ne sarei capace.

 

Come nasce La scelta di proporre un pittore in copertina?

Perché amo i colori. Perché sono espressione di vitalità spirituale. Il loro simbolismo tocca l'aurora, il sole che impera, il crepuscolo, il tramonto, la notte.

 

E’ una giovane novantenne dedita alla cultura, fondatrice dell’associazione culturale A.G. Pinketts che quest’anno ha ritirato per conto di suo figlio, l’Ambrogino d’oro a Milano. Detiene anche un blog per l’associazione. Come ci riesce?

I miei novant'anni sono un incidente anagrafico ma la mia vitalità è nutrita dalla lettura, dal vivere i libri che nutrono, che stimolano il mio cervello consentendomi di vivere come se gli anni non passassero mai.

 

Famelica lettrice, ben un libro al giorno, esorta il pubblico a leggere, leggere, leggere. Quando nasce l’amore per i libri? Si ricorda il suo primo libro?

Il mio primo libro fu 'Il fanciullo che venne dal mare' e ne sento ancora il profumo salmastro e il rumore ondulatorio delle onde.

 

Nuovi progetti in pancia?

Vorrei un siparietto affollato al quale donare leggerezza. Tutte le vicende della vita vanno affrontate con un po' di leggerezza altrimenti diventano insostenibili. Donare carezze, amore, conforto, speranza, fiducia nel futuro. Scrivere con indulgenza per gli errori passati ma soprattutto offrire una spalla sulla quale appoggiarsi trovando conforto e speranza.

 

Il suo scrittore preferito? Non dica Pinketts perché gioca in casa!

Dino Buzzati come tutti i grandi che conoscono l'oblio, ma che sanno anche rinascere. Amo ancora di questo fanciullo, figlio delle sue montagne, il suo esser puro e limpido come i laghetti e i corsi d'acqua che ne celebrano la grandezza, l'umiltà, l'innocenza.

I 'Sessanta racconti' sono il mio vangelo notturno, sogno il nonno, sogno il mondo magico di Buzzati e mi ci perdo estasiata, mentre, naturalmente, i libri di Andrea sono il mio alimento quotidiano in compagnia delle sue mirabolanti avventure.

I libri di Andrea sono frutto di quanto letto, di quanto capito, di quanto sofferto di quanto amato e sono il frutto delle mie viscere. Mentre scrive con la sua penna rigorosamente Mont Blanc e il suo amato sigaro, con il suo limpido sguardo velato talvolta di melanconia, mostra la sua anima. L'anima di un artista è top secret come, sempre, quella di tutti gli artisti.